LEZIONI DI ARRANGIAMENTO - il trio come formazione autonoma
In questa lezione si parlerà del trio come formazione autonoma. La domanda potrebbe sorgere spontanea: "il trio, non è una formazione autonoma?". La risposta è sì, ovviamente, se si pensa ad un trio jazz come ad esempio il trio di Bill Evans.
Quando si parla di arrangiamento, tuttavia, è bene distinguere il trio, in due tipologie e con caratteristiche differenti:
- trio jazz (ad es. pianoforte, contrabbasso, batteria) trio jazz per eccellenza, con una sua identità ben precisa;
- trio sezione ritmica (ad es. pianoforte, contrabbasso, batteria) che supporta quindi che accompagna una sezione di fiati o un ensemble più grande. Questa formazione sarà "al servizio" dell'ensemble e la sua funzione sarà limitata quasi esclusivamente a questo scopo.
N.B.: nel trio (sia se parliamo di trio come formazione autonoma sia se parliamo di trio come sezione ritmica) il pianoforte è spesso sostituito dalla chitarra.
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Ascoltando un qualsiasi CD di big band, si può notare che sono rarissimi i momenti in cui il trio resta solo, quasi inesistenti. A volte - ciò capita specialmente nell'ascoltatore comune - si ritiene che una formazione così piccola possa suonare senza aver preventivamente organizzato del materiale musicale scritto, o comunque concordato, senza aver quindi predisposto degli arrangiamenti; spesso si ritiene che il trio sia una formazione esente da questa pratica. Non è così, o forse sarebbe più corretto dire che non è più così.
Nella storia del jazz ci sono stati pianisti in grado di rendere particolarmente interessanti esecuzioni di jazz standards in trio, esecuzioni in cui bastava decidere il brano, staccare il tempo e via.... verso esplorazioni improvvisative personali e collettive di altissimo livello. Col passare del tempo però il modo di suonare in trio è cambiato. Innanzitutto perché il modo di concepire il trio jazz si è evoluto, e poi anche perché ci sono sempre meno pianisti in grado di affermarsi attraverso la sola interpretazione improvvisativa dello standard jazz (salvo poche eccezioni); questa pratica è rimasta frequente nelle jam session.
In questa lezione si parlerà di come realizzare un arrangiamento per un trio jazz tradizionale, di come prendere uno standard e personalizzarlo, apportando modifiche più o meno importanti. Inoltre, proprio per seguire sempre una logica nelle lezioni di arrangiamento, in una delle prossime lezioni si vedrà come realizzare un arrangiamento per un trio che sia un supporto ideale per una sezione di fiati piuttosto che per una big band.
Finita questa breve ma importante premessa, vediamo concretamente come realizzare degli arrangiamenti. È opportuno iniziare questo lavoro ponendosi quelle classiche domande girano in mente ogni qualvolta si suona dal vivo o in prova, con l'idea di suonare un determinato standard arrangiato in modo diverso. Quante volte si è pensato di riarmonizzare completamente il brano? Quante volte si è pensato di suonare il brano, con un ritmo diverso rispetto a quello con cui è stato sempre suonato? Quante volte si è pensato di modificare la melodia del brano, magari per farci stare bene una determinata cadenza oppure un nuovo accordo?
Una prima immediata risposta a queste domande ci dice che dal punto di vista dell'arrangiamento si può intervenire nei tre modi seguenti, che saranno approfonditi singolarmente nel corso della lezione:
- da un punto di vista ritmico
- da un punto di vista armonico
- da un punto di vista melodico (non consigliato)
Intervenire ritmicamente
Innanzi tutto bisogna sapere che l'intervento ritmico può essere di due tipi:
- suonare il brano su un'altro ritmo, lasciando melodia ed armonia invariate. Ad esempio, è possibile trasformare un medium-swing in una bossa o viceversa, oppure un UP-tempo in una ballad e via dicendo. Questa possibilità è tra le più semplici e di immediata realizzazione. Questa semplicità di intervento, purtroppo, la rende inevitabilmente poco interessante, sia dal punto di vista dell'ascolto che dell'esecuzione. Questa pratica è un po' come cambiare abito ai nostri standards. Sì, è esattamente questa l'operazione, poiché non si va a modificare nulla nell'impianto armonico né nella melodia. Per tanto, così come prima di acquistare un vestito nuovo lo proviamo, allo stesso modo prima di applicare una nuova base ritmica al brano che stiamo arrangiando, bisognerà provarlo.
- cambiare tempo, riadattando la melodia al nuovo ritmo senza trascurare le caratteristiche principali della stessa (es. da 3/4 a 4/4 o viceversa, da 4/4 a 6/8 o viceversa ecc.). Questa seconda possibilità ritmica, consente di reinterpretare una melodia scritta su un determinato tempo, ad esempio in 4/4, su un altro tempo, ad esempio un 3/4 o viceversa. Si può anche suonare il tema raddoppiato o dimezzato rispetto al tempo. Insomma, le possibilità di sbizzarrirsi con tante differenti combinazioni sono innumerevoli. Questi interventi, molto semplici all'apparenza, in realtà nascondono alcune insidie, legate principalmente agli incastri della linea melodica nel nuovo schema metrico e ritmico. Infatti, il movimento ritmico della melodia, anche se leggermente, dovrà essere necessariamente modificato.
Adesso cerchiamo di chiarirci bene le idee utilizzando degli esempi. Per cominciare ho scelto la bellissima Someday my prince will come (F. Churchill). Nel primo esempio si può ascoltare una base in versione jazz trio nella sua versione originale in 3/4 mentre nell'esempio successivo si può ascoltare una versione dello stesso brano in 4/4 dall'andamento più veloce. Per comprendere meglio il discorso, sarà opportuno suonare il tema di questo noto standard sulle due basi. Per forza di cose la melodia dovrà essere leggermente modificata, si guardi con attenzione e si confrontino le due versioni (ho inserito le prime 8 battute con le relative sigle, il resto provate a scriverlo voi).
Nel primo esempio audio ho riportato la base in 4/4, sulla quale vi invito ad eseguire il tema nel primo e terzo chorus e, se volete, ad improvvisare nel chorus centrale (la base è di 3 chorus).
someday my prince will come 3/4
Nel secondo esempio audio ho riportato la base in 3/4, sulla quale vi invito ad eseguire il tema nel primo e terzo chorus e, se volete, ad improvvisare nel chorus centrale (la base è di 3 chorus).
someday my prince will come 4/4
Naturalmente la versione in 4/4 sarà senza dubbio suonata in un tempo piuttosto veloce, considerato anche il valore maggiore delle figure; aspetto tipico di brani dall'andamento UP come Cheeroke, Tune up, ecc. Dal punto di vista improvvisativo, questo cambiamento non comporta particolari complicazioni, anzi può offrire un nuovo modo di concepire un'improvvisazione su un brano che è stato suonato in maniera tradizionale per tanto tempo.
L'armonia del brano resta invariata. Volendo, è possibile anche effettuare il cambio di tempo durante l'esecuzione del brano stesso e magari presentare il tema in tutte e due le versioni; la prima all'inizio e la seconda alla fine, o viceversa. Questa è solo una delle tante possibilità che ci viene offerta da questo semplice arrangiamento. Ciò che bisogna notare è che il brano, nonostante la modifica del tempo e della melodia, all'ascolto sia assolutamente riconoscibile, anzi, l'ascoltatore "distratto" non noterà alcuna differenza.
N.B.: questo esempio, già utilizzato da molti jazzisti, è estremamente semplice ed efficace e può essere tranquillamente applicato a moltissimi standards.
Ora andiamo realizzare anche l'operazione inversa ovvero scegliere uno swing in 4/4 e trasformarlo in un 3/4. Per questo esempio ho scelto Take the "A" train (D. Ellington). Prima di ascoltare le basi si suggerisce di analizzare e confrontare le due versioni (ho inserito le prime 8 battute con le relative sigle, il resto provate a scriverlo voi).
Nel primo esempio audio ho riportato la base in 4/4, sulla quale vi invito ad eseguire il tema nel primo e terzo chorus e, se volete, ad improvvisare nel chorus centrale (la base è di 3 chorus).
take the "A" train 4/4
Nel secondo esempio audio ho riportato la base in 3/4, sulla quale vi invito ad eseguire il tema nel primo e terzo chorus e, se volete, ad improvvisare nel chorus centrale (la base è di 3 chorus).
take the "A" train 3/4
Si consiglia di scegliere altri standards, partendo dai più famosi, e di provare a fare esperimenti simili; sia sui tempi semplici che sui tempi composti.
Intervenire armonicamente
Dal punto di vista armonico le possibilità di intervento sono numerose e sicuramente più interessanti. In questo caso però bisogna sapere esattamente ciò che si sta facendo. Gli accordi non possono essere messi a caso. Le successioni armoniche, le cadenze, le riarmonizzazioni ed eventuali modulazioni seguono regole ben precise, e se si lavora troppo ad orecchio si rischia di sfigurare completamente il brano, rendendolo semplicemente brutto.
C'è anche l'aspetto improvvisativo da tener presente. Infatti, se si realizza una nuova struttura armonica, essa dovrà avere le giuste cadenze che consentiranno un'improvvisazione fluida e coerente. Bisogna quindi evitare di strafare, conservando intatte almeno le successioni armoniche principali del brano su cui si sta lavorando. Alcuni interventi possibili sono:
- pedali
- sostituzioni di tritono
- dominanti secondarie e accordi di passaggio
- riarmonizzazione parziale (lasciando invariate le cadenze principali)
- riarmonizzazione totale (lasciando invariata la sola melodia)
Per realizzare l'esempio di intervento armonico si lavorerà sia su Someday my prince will come che sul noto standard Have you meet miss Jones? (Rodgers - Hart), cominciamo proprio da quest'ultimo. Nel primo esempio sono riportate le prime otto misure del tema con gli accordi originali sotto forma di sigle.
Nel secondo esempio, sulle prime quattro misure c'è un pedale di DO, sul quale si suonano sempre gli accordi originali. Il basso suonerà un tipico disegno utilizzato in casi come questi. Il disegno del basso si può suonare sia sulle prima quattro misure sia sull'intera A.
Nel terzo esempio sono state applicate le sostituzioni di tritono sugli accordi di dominante nelle b. 2, 4, 8. Si noti (all'ascolto) come la sostituzione di tritono applicata sul C7 (b. 4) sia meno funzionale delle altre, poiché non risolve sulla tonica; ciò ci suggerisce che la sostituzione di tritono non sempre è una soluzione ottimale.
Nel quarto esempio sono state applicate le dominanti secondarie nelle misure 2, 4, 5, 6, 8 opportunamente segnate. Negli accordi di misura 5 e 6 sono state applicate le sostituzioni di tritono.
Nel prossimo esempio si vedrà come riarmonizzare parzialmente le prime misure di Someday my prince will come lasciando gli accordi originali sulla prima e sulla quarta misura. Sul primo pentagramma è riportata la versione originale (con gli accordi sviluppati), nel secondo pentagramma si noti come sono stati sostituiti gli accordi nella seconda e nella terza misura.
ascolta il file audio
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In quest'ultimo esempio si può vedere una armonizzazione ex novo delle prime otto misure di Someday my prince will come. Prima di ascoltare e di suonare questa versione è bene sapere che qui si entra in un discorso prettamente di gusto musicale personale più che di intervento guidato da "regole" di arrangiamento e/o di armonizzazione. E' ovvio che alcune armonizzazioni possano sembrare forzate, del resto quando si scrive un brano, solitamente si tende a trovare l'armonizzazione migliore, non la più complessa o forzata. Questa nuova armonizzazione è una "forzatura" voluta, per dimostrare la fattibilità dell'intervento, come tale dev'essere considerata. Nel primo esempio c'è il tema con gli accordi (sotto forma di sigle), nel secondo esempio ci sono tutte le armonizzazioni scritte.
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Intervenire melodicamente
L'intervento melodico, a mio modo di vedere, è senza dubbio quello più complicato e rischioso dei tre, e personalmente lo ritengo del tutto inutile. In realtà quando eseguiamo il tema di uno standard, a volte naturalmente, siamo portati a modificare leggermente gli accenti della melodia; aspetto che rientra nella nostra personale interpretazione. Questo tipo di personalizzazione va benissimo. Ciò che non andrebbe fatto è modificare la melodia al punto di renderla diversa, e in alcuni casi volutamente irriconoscibile.
Si pensi per un attimo ai "trio jazz" più famosi della storia, le esecuzioni più affascinanti e più belle sono senza dubbio quelle dove c'è:
- un bell'intro
- una chiara e limpida interpretazione del tema
- un grande interplay tra i componenti del trio
- dei bei soli
È chiaro che un arrangiamento ben fatto, con delle sostituzioni armoniche efficaci ed un ritmo più accattivante, è un valore aggiunto all'esecuzione di uno standard. In conclusione, un bel clima ed una atmosfera magica sono gli aspetti più importanti da ricercare nell' esecuzione di uno standard jazz. Stravolgimenti troppo radicali portano spesso a realizzare un altro brano.... ed allora mi chiedo se non sia meglio dare a questa nuova composizione direttamente un altro titolo. Proviamo a fare un esperimento assurdo. Prendiamo uno standard, modifichiamo gli accordi, modifichiamo il ritmo e stravolgiamo la melodia. Sapete già cosa ne viene fuori! In conclusione, se avete fantasia e voglia di scrivere, mettete penna su carta e date spazio al vostro estro compositivo.
Spero che questa lezione di arrangiamento sia stata utile, buon lavoro!
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